Il caso riguarda un istituto scolastico che aveva rifiutato la domanda di iscrizione di una minore affetta da “Deficit cognitivo di grado lieve” comunicando peraltro ai genitori di aver smistato la stessa presso l’istituto professionale della medesima città.

Richiesti chiarimenti in ordine al rifiuto dell’iscrizione, l’istituto scolastico aveva dedotto che la scelta era motivata dal numero di domande di iscrizione di alunni disabili, non accettabili dal numero 10 in poi, a causa della necessità, motivata sulla scorta delle norme di cui al DPR n. 81/2009 e del regolamento di istituto, di formare classi composte da un numero massimo di 20 alunni, con possibili deroghe fino al 10%, di cui massimo due in condizioni di disabilità.

Il Tribunale di Termini Imerese (n. 1120.1/2024 r.g.) ha accolto il ricorso presentato dai genitori della minore, accertando peraltro la natura discriminatoria della condotta posta in essere dalla scuola e ordinato l’immediata e pronta iscrizione alla classe prima dell’istituto.

In tal senso, il diritto della persona disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale “la cui tutela passa attraverso l’attivarsi della pubblica amministrazione per il suo riconoscimento e la sua garanzia, mediante le doverose misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile ai portatori di disabilità la frequenza delle scuole, a partire dalla materna” (ancora Cassazione civile n. 25011/2014), così come rammentato, del resto, anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 215/1987), per la quale la frequenza scolastica è, insieme alle pratiche di cura e riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia, un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua potenziale emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull’altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalità.

In secondo luogo, l’organizzazione della rete scolastica, in particolare delle classi con alunni in situazione di disabilità, è disciplinata dall’art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 81/2009, il quale dispone: “Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola. L'istituzione delle predette classi deve in ogni caso far conseguire le economie previste nei tempi e nelle misure di cui all'articolo 64, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.”.

Sicché non si evince alcuna prescrizione normativa in ordine al numero massimo di alunni della classe ospitante soggetti affetti da disabilità, esclusa, per vero, dalla locuzione “di norma” testualmente riportata dalla norma, pertanto, che, nel rispetto dei poteri organizzativi di ciascun istituto scolastico, non parrebbe consentita l’esclusione di alunni affetti da disabilità sol perché non sia possibile garantire il rispetto del rapporto 1 a 20 di cui all’art. 5 comma 2 sopra citato (interpretazione, quest’ultima, avallata altresì dalla giurisdizione amministrativa intervenuta sul punto; cfr. Tar Toscana nel proc. n. 439/2018).

Come già anticipato, tale situazione determinata dal rifiuto dell’iscrizione al primo anno del liceo artistico nonché lo smistamento della medesima in altro istituto, indicato come seconda scelta, abbiano integrato una condotta discriminatoria, comportando un trattamento diverso e deteriore in ragione della disabilità, rispetto agli alunni normodotati.