di Gianluca Dradi, Dirigere la Scuola n. 2/2024

Appare opportuno rammentare che l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, prevista dal DPR 1124/1965, non esonera totalmente il datore di lavoro dalla responsabilità civile derivante dal mobbing, in primis perché restano esclusi dall’indennizzo i danni biologici permanenti inferiori alla percentuale del 6%, quelli da inabilità temporanea e i danni morali (c.d. danni complementari). In tali casi vigono per il debitore le regole generali del diritto comune per il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Inoltre, anche per gli eventi ed i danni riconducibili all'assicurazione obbligatoria, l'esonero viene meno «a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l'infortunio è derivato».

Attualmente, stante l'autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale, non è peraltro più necessaria una condanna penale perché operi il meccanismo per il quale viene meno la salvaguardia dell'esonero; è sufficiente che in sede civile venga accertato incidentalmente che i fatti da cui deriva l'infortunio integrino gli elementi oggettivi e soggettivi di reato perseguibile d'ufficio (Corte Cost. 102/1981).

Nel caso, dunque, di responsabilità penale del datore di lavoro, l’art. 10 del DPR 1124/1965 prevede che «non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell'indennità che, per effetto del presente decreto, è liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto»; mentre il risarcimento è dovuto dal datore di lavoro per la parte che eccede le indennità liquidate. Di qui la nozione di danno differenziale, strictu sensu inteso (distintamente dal c.d. danno complementare) come quella parte di risarcimento che eccede l'importo dell'indennizzo dovuto in base all'assicurazione obbligatoria, che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto costituisca reato perseguibile d'ufficio.

Ne discende che con la tutela assicurativa dell'INAIL può concorrere quella azionabile nei confronti del datore di lavoro, che resta civilmente responsabile sia per i danni complementari sia per i danni differenziali. In definitiva, a fronte di una domanda del lavoratore che chieda il risarcimento dei danni connessi ad infortunio o malattia di origine lavorativa, il giudice adito, una volta accertato l'inadempimento del datore di lavoro rispetto agli obblighi di protezione derivanti dal contratto di lavoro, dovrà verificare se tali danni rientrino nella copertura assicurativa dell'INAIL ovvero se da essa siano esclusi.