Si scrive per avere delucidazioni in merito al recupero della festività del Santo Patrono che in quest’anno scolastico è coincisa con il giorno del sabato.
La scuola, si precisa, segue il seguente orario: dal lunedì al venerdì ogni dipendente svolge la sua prestazione lavorativa per 7 ore e 12 minuti giornaliere per un totale su 5 giorni di 36 ore. Dunque, il sabato ordinariamente la scuola è chiusa.
Durante lo svolgimento degli esami di Stato in essere, però, alcuni presidenti di commissione hanno organizzato i propri lavori dal lunedì al sabato ricomprendo il sabato coincidente con la festività del Santo Patrono. Perciò la scuola è dovuta restare aperta il giorno del santo Patrono chiedendo al personale la propria disponibilità a svolgere lavoro straordinario in tale giorno. Il personale ha dato riscontro positivo.
Tanto premesso, si domanda:
1) Il giorno del Santo Patrono che coincide con il sabato, giorno in cui la scuola è chiusa, avendo i dipendenti svolto le 36 ore previste dal CCNL entro il venerdì, deve essere recuperato da tutti i lavoratori con un giorno a loro richiesta entro il 31 agosto? Ciò perché è come se lo avessero lavorato facendo ogni giorno non 6 ore di lavoro ma 7 ore e 12 minuti?
2) Se la risposta, al precedente quesito, è positiva significa allora che i dipendenti che hanno lavorato il sabato avranno il riconoscimento sia delle ore di straordinario svolto che il recupero del Santo Patrono?
3) Se si conferma che il Santo Patrono, che coincide con il sabato deve essere recuperato da tutti i lavoratori poiché è come se lo avessero lavorato facendo 1 ora e 12 minuti in più al giorno per non lavorare il sabato, significa che ogni festività che cade il sabato deve essere recuperata? Ad esempio se il giorno di Natale coincide con il sabato ed i dipendenti hanno lavorato fino al 24 dicembre completando le 36 ore settimanali, il 25 Dicembre deve essere recuperato in altro giorno con richiesta del dipendente?
Risposta
Con riferimento al quesito posto si premette che la festa del Santo Patrono riguarda tutti i dipendenti della scuola. L'art.14 del CCNL 29/11/2007 considera giornata festiva la ricorrenza del Santo Patrono nella località in cui il dipendente presta servizio solo se ricadente in giornata lavorativa. Qualora la festività del Santo Patrono dovesse cadere in giorno festivo o di domenica non si ha diritto al recupero della giornata.
In caso di impossibilità di fruizione, per motivi di servizio, della festività del Santo patrono, la ricorrenza deve essere fruita come riposo compensativo in altri giorni lavorativi (parere ARAN del 20/1/2003). Ciò premesso nel caso prospettato pare di capire che i dipendenti erano in servizio in giornata non lavorativa, in quanto avevano già assolto l'obbligo delle 36 ore di servizio il venerdì.
9. Pagamento delle festività coincidenti con la domenica
Nel comparto scuola il CCNL 29/11/2007 non prevede il pagamento delle festività ricadenti di domenica, a differenza di quanto, invece, avviene nel settore privato; quindi deve ritenersi che non compete.
Il quadro di riferimento che porta a tale esclusione è determinato dalla previsione dell’art. 69 c.1 del D.L.vo del 30 marzo 2001, n. 165 per cui deve ritenersi inapplicabile la disposizione all’art. 5 c. 3 della Legge 27 maggio 1949, poi modificato dall’art. 1 della Legge del 31 marzo 1954, n. 90 per cui “Qualora la festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori stessi, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera”.
Tale disposto non è altro che una naturale conseguenza della privatizzazione del pubblico impiego dove si è stabilita la prevalenza della volontà collettiva rispetto alle precedenti disposizioni di legge riservate ai pubblici dipendenti. Ragion per cui anche in tale ambito si deve ritenere che sia fonte primaria la disciplina contrattualistica dei contratti collettivi, in questo caso specifico del Comparto Scuola.
Ai dipendenti pubblici con contratto collettivo dopo la stipulazione del quadriennio 1994-1997 non si applica l’effetto interpretativo previsto dall’art. 1 c. 224 della Legge n. 266 del 2005 volto ad applicare retroattivamente la maggiorazione della retribuzione nelle festività nazionali coincidenti con la domenica, prevista appunto per la generalità dei lavoratori e quindi per i dipendenti pubblici con contratto collettivo prima della stipulazione del quadriennio 1994-1997.
Con la formulazione dell'art. 1 comma 224 l. n. 266 del 2005, il legislatore ha incluso espressamente tra le norme generali e speciali del pubblico impiego rese inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997 l'intera disciplina della l. n. 27 maggio 1949 n. 260 art. 5 comma 3 come sostituito dalla l. n. 31 marzo 1954 n. 90 art. 1, che è una norma generale del rapporto di lavoro riferita sia ai dipendenti privati sia ai dipendenti pubblici. In tal modo ha ottenuto un effetto indirettamente interpretativo della disposizione stessa, nel senso che ha disposto retroattivamente - facendo salvo solo il giudicato - che la maggiorazione della retribuzione nelle festività nazionali coincidenti con la domenica, prevista da detta norma per la generalità dei lavoratori, non si applica ai dipendenti pubblici dopo la stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997 (Cassazione civile sez. lav. 22/02/2008, n. 4667).
Siffatta impostazione non ha impedito che recenti pronunce di primo e secondo grado - che diversamente riconoscevano tale diritto al pubblico dipendente – fossero successivamente cassate.
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Si segnala a titolo di esempio il tribunale di Torino con sentenza n.389/04 dove ha ritenuto applicabile ai dipendenti pubblici l'art. 5 della legge 27.05.1949 n. 260 così come modificato dall’art. 1 della Legge del 31 marzo 1954, n.90 che testualmente stabilisce che ai lavoratori retribuiti in misura fissa “qualora la festività ricorra nel giorno di domenica spetterà ai lavoratori stessi oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni elemento accessorio anche un'ulteriore retribuzione corrispondente all'aliquota giornaliera”.
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Nello stesso senso si è espressa anche la sezione lavoro della Corte d'appello di Torino, con sentenza n. 1319/02, nella quale si afferma: “Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che cessano di avere efficacia a far data dal relativo rinnovo contrattuale, alle quali si riferisce l'art. 2° comma del D.L.vo 165/2001, sono le norme diverse e ulteriori rispetto a quelle generali indicate al comma 2° (che, difatti, si applicano a tutti i dipendenti pubblici e privati, e sono indifferenti, ai fini della loro efficacia nel tempo, alla contrattazione collettiva di settore), che siano riferibili al solo comparto pubblico (di qui il richiamo anche a “regolamenti o atti amministrativi”) e che attribuiscano trattamenti economici aggiuntivi ai pubblici dipendenti: l'art. 5 della legge 260/1959, norma su cui si fonda il diritto rivendicato dagli appellanti, non rientra, quindi tra tale disposizioni”.
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Il Consiglio di Stato ( sez. VI, 11/09/2003, n.5106) con una vecchia decisione aveva stabilito che deve essere riconosciuto, al lavoratore che abbia prestato servizio nel giorno festivo della domenica, oltre a un incremento della retribuzione, anche una ulteriore maggiorazione di paga per il lavoro festivo che deve essere determinato mediante parametri idonei ad indennizzare il lavoratore medesimo alla stregua delle previsioni del contratto collettivo, o, in difetto, mediante parametri idonei quali quello del compenso straordinario.
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Diversamente la sezione lavoro della Cassazione civile con sentenza n. 22653 del 27/10/2009 ha ritenuto “Tra le disposizioni riconosciute inapplicabili dal d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, art. 69 comma 1 secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, è ricompreso la l. 27 maggio 1949 n. 260, art. 5 comma 3, come sostituto dalla l. 31 marzo 1954 n. 90, art. 1, in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali ricadenti di domenica”. Ragion per cui devono essere disattese le disposizioni sopraesposte sentenze che avevano viceversa riconosciuto il diritto del lavoratore alla corresponsione della quota giornaliera di retribuzione in relazione ad alcuni giorni di festività nazionali caduti di domenica.
Sulla questione, si è definitivamente pronunciata la Corte Costituzionale, con sentenza n. 146 del 7 maggio 2008, la quale ha affermato che i dipendenti pubblici non hanno diritto ad alcuna indennità specifica nell'ipotesi in cui una festività nazionale coincida con la domenica. Sulla base di tale pronuncia si deve ritenere non violato il principio di uguaglianza tra dipendenti pubblici e lavoratori alle dipendenze di datori di lavoro privati nella misura del riconoscimento del diritto in questione.
La Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell'art. 1, comma 224, della legge n. 266/2005, nella parte in cui prevede che tra le disposizioni non applicabili dall'art. 69, comma 1, secondo periodo, del D.L.vo n. 165/2001, sia compreso l'art. 5, comma 3, della legge n. 260/1949, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 90/1954, in materia di retribuzione nelle festività civili nazionali che cadono di domenica.
Malgrado la progressiva assimilazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni con quello alle dipendenze dei datori di lavoro privati, sussistono ancora differenze sostanziali che rendono le due situazioni non omogenee.
La Corte Costituzionale ha, infatti, ammesso in più occasioni la possibilità di una disciplina differenziata del rapporto di lavoro pubblico rispetto a quello privato, in quanto il processo di omogeneizzazione incontra il limite "della specialità del rapporto e delle esigenze del perseguimento degli interessi generali".
La pubblica amministrazione, "conserva pur sempre anche in presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato una connotazione peculiare", essendo tenuta "al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è estranea ogni logica speculativa".
Anche con riferimento alla norma denunciata, relativa al compenso per la perdita di un giorno di riposo nel caso in cui la festività civile coincida con la domenica, non è possibile effettuare una comparazione tra la categoria dei lavoratori che prestano la loro attività nelle pubbliche amministrazioni e quella dei dipendenti dai datori di lavoro privati, non sussistendo quella omogeneità di situazioni normative che renderebbe ingiustificata la diversa regolamentazione adottata.
A tale proposito, va evidenziato che la norma oggetto di censura ha come finalità il contenimento e la razionalizzazione della spesa per il settore del pubblico impiego, finalità questa che è imposta dall'art. 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), e ribadita dall'art. 1, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 165 del 2001.
In particolare il d.lgs. n. 165 del 2001, all'art. 1, comma 1, lettera b), individua, tra gli scopi che detta normativa generale sul pubblico impiego si prefigge, l'esigenza di "razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica". Inoltre, il successivo comma 3, prevede che "l' attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale".
Il legislatore, dunque, ha voluto riservare alla contrattazione collettiva l'intera definizione del trattamento economico, eliminando progressivamente tutte le voci “extra ordinem”. Lo stesso controllo sulla spesa pubblica per il personale viene quindi incentrato sulla contrattazione collettiva.
D'altra parte, con riferimento alla questione in oggetto, gli stessi contratti collettivi, oltre a ribadire il principio della onnicomprensività della retribuzione e del divieto di ulteriori corresponsioni, hanno previsto una dettagliata regolamentazione del godimento delle ferie, delle festività e degli eventuali riposi compensativi, con il risultato che, se si applicasse oltre al contratto collettivo quanto prevede l'art. 5 della legge n. 260 del 1949, si avrebbe una almeno parziale duplicazione dello stesso beneficio.
La disposizione legislativa innanzi citata prevedeva, infatti, il beneficio dell'attribuzione di "una ulteriore retribuzione corrispondente all'aliquota giornaliera" nell'ipotesi in cui la festività nazionale della Repubblica (2 giugno), l'anniversario della liberazione (25 aprile), la festa del lavoro (1° maggio) ed il giorno dell'unità nazionale (4 novembre) avessero coinciso con la festività domenicale.