Il Parlamento ha pubblicato, sul Supplemento Ordinario n. 16 alla Gazzetta Ufficiale n. 109 del 13 maggio 2025, la Legge 9 maggio 2025, n. 69, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni.
Novità in tema di assunzioni (art. 4)
L'articolo 4 del Decreto Legge 25/2025 ("Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni") contiene, diverse misure volte a migliorare la gestione del reclutamento nelle Pubbliche Amministrazioni. Tra le principali, troviamo l'utilizzo di contratti di formazione e lavoro per l'inserimento di specifici profili, la possibilità di destinare una percentuale delle assunzioni a soggetti con determinati diplomi e la revisione delle procedure di mobilità e scorrimento delle graduatorie.
Ecco un riepilogo delle misure più significative previste dall'articolo 4:
- Centralità del concorso pubblico
Il Decreto PA 2025 chiarisce una volta per tutte che il concorso pubblico è l’unica porta di accesso alla Pubblica Amministrazione, salvo i casi di mobilità obbligatoria previsti dall’art. 30 del d.lgs 165/2001. Tutte le altre ipotesi come: mobilità volontarie, interpelli, stabilizzazioni improprie e comandi prolungati, possono avere un senso organizzativo, ma non possono sostituire il principio costituzionale del merito.
- Utilizzo di contratti di formazione e lavoro:
Le Pubbliche Amministrazioni (PA) possono destinare una quota (fino al 15%) delle proprie facoltà assunzionali all'inserimento di specifici profili tramite contratti di formazione e lavoro. Una delle principali novità riguarda l’inserimento di giovani diplomati provenienti dagli ITS Academy, gli istituti di istruzione superiore tecnica introdotti recentemente. Le PA potranno destinare fino al 15% delle proprie capacità assunzionali all’inserimento di questi profili, tramite contratti di formazione e lavoro. Alla conclusione del percorso formativo, è prevista la possibilità di stabilizzazione a tempo indeterminato. Lo stesso strumento contrattuale sarà applicabile anche a studenti universitari al terzo anno di corso, a condizione che siano in regola con il piano di studi. Si punta così ad attrarre nuovi talenti addirittura prima della conclusione degli studi e a ridurre il mismatch tra competenze richieste e offerte.
- Revisione delle procedure di mobilità e scorrimento delle graduatorie:
Il decreto introduce la "norma taglia idonei" stabilendo che nei concorsi pubblici sono considerati idonei i candidati collocati nella graduatoria finale dopo l'ultimo vincitore, in numero non superiore al 20% dei posti messi a concorso . In caso di rinuncia all’assunzione, di mancato superamento del periodo di prova o di dimissioni del dipendente intervenute entro sei mesi dall’assunzione, l’amministrazione può procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori entro il limite.
Ad esempio, se un concorso prevede 100 posti, saranno considerati idonei solo i primi 20 candidati che hanno ottenuto un punteggio minimo irchiesto ma non sono risultati vincitori.
Questa limitazione aveva l'obiettivo di contenere il numero di idonei nelle graduatorie, evitando un eccessivo prolungamento delle liste di attesa per l'assunzione.
- Riserva posti per volontari servizio civile
Il Comma 4 estende anche al servizio civile nazionale (istituito nel 2001 dalla legge 64/2001 in alternativa al servizio militare obbligatorio) la riserva del 15% dei posti nei concorsi di personale non dirigenziale della pubblica amministrazione, già prevista dall’art. 18, comma 4, del dlvo 40/2017 a favore degli operatori volontari del servizio civile universale.
- Disposizioni specifiche per l'anno scolastico 2025/2026:
L'articolo 4, comma 8-bis, specifica le modalità per le assunzioni di docenti di religione cattolica per l'anno scolastico 2025/2026, tenendo conto delle assunzioni già autorizzate per l'anno precedente.
- Misure per l'assunzione di giovani:
Si prevedono specifiche disposizioni per favorire l'assunzione di giovani da parte degli enti territoriali, con particolare attenzione ai contratti di apprendistato.
Misure sui pensionamenti (art. 12 c. 11)
Quanto ai pensionamenti, il Legislatore ha chiarito l'ambito di applicazione soggettivo del nuovo comma 164-bis all'art. l. 207/2024 che disciplina una particolare norma transitoria che resterà valida limitatamente al biennio 2025-2026 e con la quale si prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni di risolvere, con decisione motivata e con specifico riferimento ad esigenze organizzative, il rapporto di lavoro intercorrente con il personale in possesso di un'età anagrafica inferiore di massimo due anni rispetto a quella di 67 anni ordinariamente prevista.
Tale facoltà dovrà soggiacere a determinate condizioni: la risoluzione dovrà essere comunicata con un preavviso di almeno sei mesi; il personale interessato dovrà avere maturato i requisiti contributivi previsti per il pensionamento; potrà essere coinvolto il limite massimo del 15% dei soggetti integranti le condizioni normative. Se la disciplina del comma 164-bis non si applica al personale di magistratura, ai professori universitari e ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, in sede di conversione del DL 25/2025 è stato chiarito come siano invece coinvolti dalla norma i dipendenti pubblici di cui all’art. 3 comma 57 della legge 350/2003 (ossia il personale sospeso dall'impiego a causa di un procedimento penale, laddove, dopo il proscioglimento, abbia ottenuto il ripristino o il prolungamento del rapporto di lavoro).
Resta, infine, invariato l'art. 16 DL 25/2025 sulla razionalizzazione della disciplina relativa all'inabilità e inidoneità al lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. La norma, che interessa i dipendenti assunti in data successiva all'entrata in vigore del decreto, prevede l'applicazione a quest'ultimi delle norme in materia di invalidità pensionabile di cui alla L. 222/1984, uniformando il relativo trattamento a quello vigente nel settore privato.
Copertura sanitaria, edilizia e nuove regole per il personale scolastico
Per il settore scolastico, l’articolo 14, comma 6 della legge prevede un rafforzamento della copertura assicurativa sanitaria integrativa per il personale, grazie a uno stanziamento aggiuntivo di 40 milioni di euro che porta il finanziamento annuo a 65 milioni per il quadriennio 2026-2029. La definizione dei criteri e delle modalità di accesso al sistema di assistenza integrativa per il personale della scuola è demandata alla contrattazione collettiva integrativa a livello nazionale.
Ai relativi oneri si provvede: ………….. “mediante corrispondente riduzione del «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche», di cui all’articolo 1, comma 601, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006);
Inabilità e invalidità: criteri unificati per i nuovi assunti
Con l’articolo 16, il governo interviene su un tema delicato: la gestione delle condizioni di inabilità e inidoneità al lavoro. La norma riguarda tutti i nuovi assunti nella PA dopo l’entrata in vigore del decreto, con esclusione delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco.
Il cambiamento principale è l’introduzione di un unico riferimento normativo: la legge 222/1984, finora applicata solo nel settore privato. Non si useranno più regole diverse a seconda delle casse previdenziali (CTPS, CPDEL, CPS, ecc.).
In pratica:
- Tutti i nuovi dipendenti pubblici (Stato, enti locali, sanità, scuola, ecc.) saranno sottoposti ai criteri INPS invalidi per il settore privato.
- Viene superato il sistema a regimi differenziati, con l’intento di ridurre le discrezionalità, abbattere il contenzioso e rendere più rigorosi i criteri di uscita per motivi di salute.
Secondo il Ministero, è una misura di semplificazione e razionalizzazione. Secondo i sindacati, invece, si tratta di una possibile “privatizzazione mascherata” che rischia di danneggiare i lavoratori più fragili.
Malattia da COVID-19: addio al trattamento di favore
Il Decreto PA 2025 cancella le tutele speciali previste durante la pandemia per i lavoratori pubblici colpiti da COVID-19. D’ora in avanti:
- Le assenze per malattia da COVID-19 non saranno più equiparate al ricovero ospedaliero.
- Rientreranno nel calcolo del comporto, cioè nel periodo massimo di conservazione del posto (di solito tra 18 e 24 mesi in un biennio, a seconda del contratto applicato).
- Viene abrogato l’articolo 87, comma 1, del DL 18/2020 (Cura Italia), che garantiva l’esclusione della malattia COVID dal computo del comporto.
In sostanza, si torna alle regole ordinarie. Chi si ammala di COVID oggi viene trattato come per qualsiasi altra malattia, con il rischio di superare i limiti del comporto e perdere il posto se le assenze sono prolungate.
TFS/TFR: pagamenti entro tre mesi
Per i nuovi assunti, il decreto stabilisce anche tempi certi per la liquidazione del Trattamento di Fine Servizio (TFS) o del Trattamento di Fine Rapporto (TFR): entro tre mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, come previsto dal DL 79/1997.
Una novità rilevante per evitare le attese troppo lunghe che storicamente colpiscono i lavoratori del pubblico impiego.
Con la circolare n. 39 del 27/3/2025, l’INPS ha dato attuazione all’art. 16 del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, formalizzando un cambio di paradigma nella gestione dell’inidoneità al lavoro e del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici. Le nuove regole si applicano a tutto il personale assunto a tempo indeterminato dal 15 marzo 2025, iscritto a una delle gestioni previdenziali pubbliche amministrate dall’Istituto: CTPS, CPDEL, CPS, CPI, CPUG, Fondo pensioni Ferrovie dello Stato e Fondo quiescenza Poste. La grande novità consiste nell’estensione della disciplina prevista dalla legge 222/1984 (finora applicata ai lavoratori del settore privato) anche a questi dipendenti pubblici, uniformando così le modalità di accertamento dello stato di inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa. In questo modo, lo stato di inidoneità sarà valutato secondo i criteri medico-legali INPS, già consolidati, evitando disparità di trattamento tra settori pubblici e privati e semplificando le procedure.
L’INPS, nella stessa circolare, ha chiarito che per questa platea di lavoratori, in caso di riconoscimento dell’inidoneità al lavoro, il trattamento di fine servizio (TFS) e di fine rapporto (TFR) verrà corrisposto entro 90 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, come già previsto dall’ART. 3 comma 5 del d.l. n. 79/1997, norma ora richiamata espressamente. Si supera così la lunga attesa, spesso pluriennale, che in passato colpiva i dipendenti pubblici cessati per motivi sanitari.
Rimangono esclusi da questo nuovo assetto normativo e procedurale gli appartenenti alle Forze armate, Forze di polizia a ordinamento civile e militare, e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i quali continuano ad applicarsi regimi speciali, come specificato dall’art. 16 comma 3, del decreto e confermato dall’INPS. Il nuovo sistema, reso operativo proprio dalla circolare INPS, non solo uniforma la disciplina tra pubblico e privato, ma garantisce certezza nei tempi, equità di trattamento e un taglio netto alla complessità procedurale che per anni ha penalizzato i lavoratori pubblici in condizioni di salute critiche.
Assegno ordinario di invalidità
Il D.L. n. 25/2025 ha introdotto importanti novità per i dipendenti pubblici e, fra queste, la possibilità - con alcune eccezioni - di cumulare parzialmente l’assegno ordinario di invalidità con lo stipendio. Vediamo nel dettaglio l'operatività di questa opzione
L’ assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica che viene erogata su richiesta dell’interessato, in presenza di determinati requisiti.
Più nel dettaglio, si tratta di un trattamento economico che l’INPS riserva ai lavoratori dipendenti iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria, ai lavoratori autonomi (ad esempio, artigiani, commercianti o coltivatori diretti) e a quelli iscritti alla Gestione Separata.
La prestazione è riconosciuta in favore di chi soffre di infermità fisica o mentale tale da determinare una riduzione della capacità lavorativa pari a meno di un terzo: cioè, l’invalidità deve superare i due terzi e la restante capacità lavorativa deve essere minore di un terzo.
Altro presupposto è quello dei contributi versati. Infatti, è necessario che il soggetto abbia maturato almeno cinque anni di assicurazione e almeno cinque anni di contributi (260 settimane), di cui almeno tre anni (156 settimane) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.
Sino ad oggi, i dipendenti pubblici affetti da patologie invalidanti potevano chiedere di essere dispensati dal servizio ed andare in pensione anticipatamente, se l’invalidità non consentiva la prosecuzione del rapporto.
Adesso, con le nuove regole introdotte dal decreto citato - in maniera analoga a quanto già accade nel settore privato - se il dipendente pubblico ha un’invalidità superiore al 66%:
- può continuare a lavorare (o essere assunto);
- ricevere l’assegno ordinario di invalidità (calcolato in base ai contributi versati);
- cumulare (in proporzione) l’assegno con lo stipendio.
La nuova regola si applica ai dipendenti pubblici assunti a partire dal 15 marzo, ovvero dopo l’entrata in vigore del D.L. 25/2025 e iscritti alle seguenti gestioni previdenziali:
- CTPS: Cassa per i Trattamenti Pensionistici ai dipendenti dello Stato;
- CPDEL: Cassa per le Pensioni ai Dipendenti degli Enti Locali;
- CPS: Cassa per le Pensioni ai Sanitari;
- CPI: Cassa per le Pensioni agli Insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate;
- CPUG: Cassa per le Pensioni agli Ufficiali Giudiziari, agli Aiutanti Ufficiali Giudiziari e ai Coadiutori;
- Fondi pensione di Ferrovie dello Stato e Poste Italiane.
La nuova regola non si applica al personale dei comparti sicurezza, difesa, vigili del Fuoco e Soccorso Pubblico.
Il cumulo è, in ogni caso parziale, ciò significa che l’assegno di invalidità viene ridotto in base al reddito da lavoro: più alto è lo stipendio, minore sarà l’importo dell’assegno.
L'assegno d'invalidità è riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile per periodi della stessa durata, su domanda del titolare dell'assegno, qualora permangano le condizioni che diedero luogo alla liquidazione della prestazione stessa, tenuto conto anche dell'eventuale attività lavorativa svolta. La conferma dell'assegno ha effetto dalla data di scadenza, nel caso in cui la domanda sia presentata nel semestre antecedente tale data, oppure dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, qualora la stessa venga inoltrata entro i centoventi giorni successivi alla scadenza suddetta.
Al compimento dell’età pensionabile e in presenza di tutti i requisiti, l’assegno ordinario di invalidità viene trasformato d’ufficio in pensione di vecchiaia. La domanda per ottenere l’assegno deve essere presentata online all’INPS. Il trattamento di fine servizio e di fine rapporto o equipollenti, per i soggetti che abbiano fatto richiesta dell'assegno, viene erogato nel termine di 90 giorni.
Ricordiamo che l’assegno ordinario di invalidità (art. 1, L. n. 222/1984) è una prestazione pensionistica spettante agli iscritti presso l’Assicurazione generale obbligatoria, i fondi sostitutivi o la Gestione Separata Inps, in presenza di un minimo di 5 anni di contribuzione, di cui 3 accreditati nell’ultimo quinquennio, laddove sia riconosciuta un’invalidità pensionabile superiore ai 2/3.
Il trattamento è calcolato allo stesso modo della pensione, ma, a partire dal 1995, se il titolare di un assegno ordinario di invalidità svolge attività lavorativa dipendente, autonoma o di impresa, l’importo dell’assegno viene ridotto:
- in misura pari al 25% se il reddito ricavato da questa attività supera 4 volte l’importo del trattamento minimo annuo calcolato in misura pari a 13 volte l’importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno;
- in misura pari al 50% se il reddito ricavato da questa attività supera 5 volte l’importo del trattamento minimo annuo calcolato in misura pari a 13 volte l’importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno. Si applica altresì una seconda riduzione sull’eventuale parte della prestazione eccedente il trattamento minimo, corrispondente: – al 50% della quota eccedente il minimo, se il reddito percepito è di lavoro dipendente; – al 30% della quota eccedente il minimo, se il reddito percepito è di lavoro autonomo.
Questa riduzione non può superare l’importo del reddito prodotto e non si può applicare se l’invalido possiede almeno 40 anni di contributi (art. 10 del D.lgs. n. 503/1992, art. 72 del D.lgs. n. 388/2000 e circolare Inps n. 197/2003); la decurtazione non opera in presenza di particolari condizioni (indicate dall’art. 10 del D.lgs. n. 503/1992 e dalla circolare Inps n. 197/2003). In particolare, nel caso di svolgimento di lavoro dipendente la riduzione non scatta se:
- il reddito conseguito è inferiore al trattamento minimo Inps;
- il lavoratore è impiegato in contratti a termine la cui durata non superi le 50 giornate nell’anno solare (art. 10, co. 2, D.lgs. n. 503/1992);
- per i redditi derivanti da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private.
La decurtazione, per i lavoratori dipendenti beneficiari dell’assegno, è operata dal datore di lavoro sotto forma di trattenuta giornaliera; nel caso di redditi di lavoro autonomo ed in ipotesi particolari è l’Inps ad applicare una trattenuta diretta sull’assegno.
Sul fronte dell’edilizia scolastica, viene istituito un fondo da 20 milioni di euro per interventi di manutenzione urgente non coperti da risorse ordinarie o dal PNRR.
Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione passa da 36 a 39 membri, includendo tre rappresentanti delle associazioni dei genitori, e viene esteso l’esonero dal servizio a tutti i componenti.
Per il personale ATA, la valutazione del servizio “24 mesi” per chi ha lavorato su progetti PNRR nel Sud diventa strutturale, mentre l’INDIRE potrà contare su due nuove posizioni dirigenziali per rispondere alle nuove funzioni.
Trasparenza, graduatorie e nuove disposizioni sulle assenze
Il legge introduce maggiore trasparenza nelle graduatorie scolastiche, imponendo l’obbligo di indicare riserve, precedenze e preferenze per garantire scorrimenti più chiari. La riserva del 15% nei concorsi pubblici viene estesa anche a chi ha svolto il servizio civile nazionale, equiparandolo al servizio civile universale.
Cambiano le regole sulle assenze per malattia: non sarà più equiparata la malattia da COVID-19 al ricovero ospedaliero, con i giorni di assenza che saranno ora conteggiati come malattia ordinaria e la conseguente decurtazione dello stipendio nei primi dieci giorni per docenti e ATA.
Infine, il 10% delle nuove assunzioni nella PA sarà riservato ai giovani con titoli tecnologici come i diplomi ITS Academy, per favorire il ricambio generazionale e l’innovazione nella pubblica amministrazione.