Nell'ambito del procedimento di repressione della condotta antisinda­cale, va esclusa la legittimazione processuale passiva del dirigente scola­stico, sia perché non può essere convenuto in proprio quale autore della condotta, sia perché privo di potere di stare in giudizio, riservato all'ammi­nistrazione ed ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.

Poiché l'art. 28 dello Statuto dei lavoratori riserva la legittimazione passiva in ordine a tali controversie al datore di lavoro e poiché nell'ambito dell'organizzazione pubblica tale qualità spetta all'amministrazione, il sog­getto destinatario della norma non può che essere, con riferimento al pub­blico impiego privatizzato, l'amministrazione intesa impersonalmente e non il singolo dirigente o funzionario autore della condotta contestata.

Ai fini della determinazione della legittimazione passiva in giudizio, è irrilevante l'attribuzione alle istituzioni scolastiche di personalità giuridica così come l'attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto.

Dal confronto fra l'art. 25 del d.lgs. 165 del 2001, che disciplina le competenze dei dirigenti scolastici, e l'art. 16 del medesimo d.lgs., che disciplina le competenze dei dirigenti preposti agli Uffici di livello dirigen­ziale generale dello Stato, emerge la diversa estensione dei poteri attribuiti ai primi ed ai secondi nonché l'attribuzione solo ai secondi del potere di promuovere e resistere alle liti e del potere di conciliare e transigere. Ne deriva che non può ravvisarsi in capo al dirigente scolastico la legittimazione processuale

 

Corte di Cassazione, sentenza del 17 marzo 2009, n. 6460