Il caso è quello di un ragazza sedicenne in gita scolastica che durante la notte cade dalla terrazza posta a livello del balcone della sua stanza d’albergo rimanendo invalida in modo permanente.

Le indagini compiute all’epoca portarono alla conclusione che la studentessa aveva scavalcato il parapetto del balcone per raggiungere un compagno con il quale aveva consumato uno spinello nella contigua terrazza a livello, non protetta né da un parapetto, né da segnali di pericolo tanto che, non essendosi accorta dello stato dei luoghi, era  precipitata nel vuoto da un’altezza di circa 12 metri.
Con la sentenza n. 396/05 del 14.3.05 il Tribunale di Trieste in prima istanza aveva respinto la domanda di risarcimento e alla stessa conclusione era giunta anche  la Corte di appello con la sentenza n. 375del 2009, nella quale  tra l’altro i giudici, scagionando i professori che accompagnavano la classe, avevano osservato che la sorveglianza del docente non doveva spingersi ad invadere la “privacy” dei ragazzi e la sua diligenza al controllo del non possesso di spinelli o alla verifica dell’astratta sicurezza delle strutture ospitanti, aperte al largo uso pubblico e nella fattispecie utilizzate da una scolaresca di ragazzi prossimi alla maggiore età e presumibilmente dotati di un senso del pericolo.
Alla decisione in appello è seguito il ricorso in Cassazione che in pratica ha ribaltato le precedenti  conclusioni.
Si premette che i motivi di ricorso vertevano su tre punti: il primo riguardante  l’albergatore sotto il profilo della responsabilità da cosa in custodia; il secondo riguardante l‘istituzione scolastica sotto il profilo della responsabilità contrattuale; il terzo riguardante la responsabilità dei protagonisti stessi.
Quanto al primo profilo la Suprema Corte non ha condiviso le conclusioni della Corte d’Appello che aveva escluso la responsabilità dell’albergatore gestore dell’edificio. Il Collegio ha pertanto disposto che la Corte d’Appello rivalutasse la fattispecie alla stregua del seguente principio di diritto: la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, una tale responsabilità non è di per sé esclusa dal fatto volontario della vittima, salva la valutazione della sua condotta ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., consistente nella fruizione del bene custodito, benché non conforme al suo uso ordinario, quando non vi sia ragionevole modo di attendersi una peculiare oggettiva pericolosità dell’uso diverso, ma reso possibile dalla facile accessibilità alla cosa medesima.

Quanto al punto della responsabilità delle istituzioni scolastiche, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio della responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico e dell’insegnante,  pertanto, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnate, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ., sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante.
Nel caso di una gita scolastica poi la prestazione di vigilanza assume speciali  connotati derivanti dalla continuità del contatto con gli studenti  e ciò – secondo la Cassazione -  impone comunque di limitare l’entità e le stesse modalità della vigilanza, affinché non violino oltre il necessario la sfera di intimità  ed un’attività di ispezione continua e prolungata è in radice esclusa, oltre che francamente impossibile, soprattutto quanto alle ampie frazioni di giornata che il singolo alunno trascorre nell’intimità della propria stanza di albergo. Ciò che invece  è necessario sottolinea la Suprema Corte  è un obbligo di diligenza per così dire preventivo, consistente, quanto alla gita scolastica, nella scelta di vettori e di strutture alberghiere che non possano , né al momento della loro scelta, né al momento della loro concreta fruizione, presentare rischi o pericoli per l’incolumità degli alunni.La scuola deve pertanto dimostrare di avere compiuto tali controlli preventivi e di avere impartito le conseguenti istruzioni agli allievi affidati alla sua cura ed alla sua vigilanza.
Nel caso in esame la Cassazione ha rilevato che nel giudizio d’appello era mancata una  valutazione in merito a quest’ultimo profilo, infatti la scuola avrebbe dovuto in via preliminare valutare  l’assenza di rischi evidenti o di pericolosità  della struttura. La posizione particolare della camera della vittima – avrebbe dovuto indurre il personale accompagnatore a rilevare, con un accesso alle camere stesse, il rischio della facile accessibilità al solaio di copertura, vale a dire al lastrico solare percepito come terrazza, perpoi adottare misure in concreto idonee alle circostanze: potendo esse, a seconda di queste, fondarsi su di una valutazione di complessiva inaffidabilità della struttura (con rifiuto di alloggiarvi, ricerca di soluzioni alternative anche tramite l’organizzatore o, in caso estremo, rientro anticipato), oppure della sola stanza (con richiesta di immediata sostituzione della medesima con altra priva di analoghe situazioni di pericolosità), ovvero potendosi limitare, in relazione alla capacità di discernimento del singolo ragazzo ivi ospitato, ad impartire adeguati e comprensibili moniti a non adottare specifiche condotte pericolose (come l’avvertimento a non impegnare il solaio di copertura – lastrico solare – terrazza, facilmente accessibile nonostante la sua pericolosità e salva la valutazione della corresponsabilità dalla vittima, cioè dell' apporto causale della sua condotta negligente o imprudente, ai sensi dell'art. 1227 cod. civ.