È condivisibile l’affermazione che non si possa porre a carico del datore di lavoro l’onere di fornire, per ciascun licenziamento, una motivazione del provvedimento adottato che sia comparata con le altre assunte in fattispecie analoghe e, tuttavia, ove nel corso del giudizio non emergano quelle differenze che giustificano il diverso trattamento dei lavoratori, correttamente può essere valorizzata dal giudice l’esistenza di soluzioni differenti per casi uguali al fine di valutare la proporzionalità della sanzione adottata. La Suprema Corte nel respingere il ricorso del lavoratore ha affermato che, in tema di licenziamento disciplinare, la eventuale disparità di trattamento di due lavoratori debba emergere nel corso del giudizio attraverso elementi a tal riguardo significativi e tali da non richiedere, nella esplicitazione delle ragioni del licenziamento, una contestuale ricognizione da parte del datore di lavoro diretta a giustificare la diversità di trattamenti adottati. La possibile valorizzazione da parte del giudice di situazioni similari, al fine di una valutazione di irragionevole disparità, non può che trovare presupposto in allegazioni presenti nella causa, tali da consentire una indagine di fatto ed una possibile comparazione. In sostanza il datore di lavoro non deve giustificare il motivo per cui ha licenziato un lavoratore per una condotta che ad un altro lavoratore non è stata sanzionata.
Corte di cassazione, Sez. Lav. del 13 luglio 2022, n. 22115