Nessuna disposizione del nostro ordinamento consente agli istituti scolastici di disporre l'esclusione di alunni con handicap, ogni qualvolta non sia possibile garantire il rispetto del rapporto 1 a 20 contenuto dall'art. 5, comma 2º, d.P.R. n. 81/2009. Al contrario, dal d.P.R. n. 616 del 1977, che prevede specificamente l'assistenza scolastica, alla legge del 5 giugno 1990, n. 148 (sull'ordinamento della scuola elementare), al d.p.c.m. 30 aprile 1997 (in materia di frequenza universitaria), alla legge-quadro del 5 febbraio 1992, n. 104 (che dedica specifiche disposizioni al tema del diritto allo studio con alcune norme sull'integrazione scolastica), tutti gli interventi del legislatore sono stati finalizzati ad assicurare il diritto allo studio, obbligando i soggetti competenti (e quindi soprattutto gli istituti scolastici) ad apprestare tutte le misure idonee a eliminare gli ostacoli che si frappongono alla frequenza nei confronti dei soggetti di cui si tratta. UNIRE
Pertanto anche l'art. 5, comma 2º, d.P.R. n. 81/2009, nel momento in cui prevede che le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado che accolgono alunni con handicap sono costituite « di norma » da non più di 20 alunni, è una disposizione che, lungi da avere un effetto preclusivo e potenzialmente pregiudizievole nei confronti di essi, deve essere interpretata nel senso di impegnare le istituzioni scolastiche ad approntare tutte le misure più idonee a garantire l'esplicarsi del diritto allo studio.
T.A.R. sez. I - Firenze, 26/03/2018, n. 439