Alla stregua dell'art. 2087 c.c. non è ipotizzabile a carico dell’imprenditore un obbligo di sicurezza e prevenzione anche in relazione a condotte del dipen­dente che, pur non rientranti nella nozione di inopinabilità e di abnormità, siano state poste in essere successivamente al compimento della prestazione la­vorativa richiesta, perché non rientranti nella sud­detta prestazione e perché effettuate senza darne al­lo stesso preventiva comunicazione secondo le diret­tive impartite. Corollario di tale principio è che la parte datoriale non incorre nella responsabilità di cui alla norma codicistica per non avere fornito le at­trezzature necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore nello svolgimento della non prevista prestazione né di non avere esercitato il controllo sulla conseguente esecuzione nel rispetto dei para­digmi di sicurezza legislativamente richiesti.

La Cassazione in primis ricorda che l'obbligo di sicurez­za dell'imprenditore è previsto, con contenuto tipico, dalla dettagliata disciplina di settore concernente gli in­fortuni sul lavoro e le malattie professionali ed, in gene­rale, con contenuto atipico e residuale, dall'art. 2087 c.c. (Cass. 17 febbraio 2009, n.3788; Cass. 21 febbraio 2004 n.3498) che si pone come norma di chiusura del sistema antinfortunistico. L'art. 2087 cod. civ., peraltro, non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla vio­lazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge 0 suggeriti dalle conoscenze sperimentali 0 tecniche del momento (Cass. 29 gennaio 2013, n. 3288). Conseguentemente, ex art. 1218 c.c., il lavoratore che lamenti di aver subito un danno da infortunio sul lavoro, deve allegare e provare l'esistenza dell'obbliga­zione lavorativa, l'esistenza del danno ed il nesso cau­sale tra quest'ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da cau­sa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto inte­ramente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno. La parte danneggiata è, quindi, soggetta all'onere di allegare e dimostrare, oltre all'esistenza del fatto materiale, le regole di condotta che assume essere state violate, provando che è stato posto in essere un comportamento contrario 0 alle clausole contrattuali che disciplinano il rapporto 0 a norme in­derogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buonafede 0 alle misure che, nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate per tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (Cass. 11 aprile 2013, n. 8855).

Secondo la Suprema Corte i giudici del gravame si sono conformati a tali principi avendo riscontrato che l'infor­tunio in esame è occorso dopo la conclusione della pre­stazione assegnata e nel corso dello svolgimento da parte del dipendente di un'ulteriore operazione non prevista, effettuata, peraltro, senza interpellare parte datoriale e senza richiedere la fornitura della strumentazione ido­nea a svolgerla in sicurezza. Ciò esclude la violazione da parte del datore sia dell'obbligo di mettere a disposizione strumenti ed attrezzature adeguate - risultate esistenti e a disposizione - sia dell'obbligo di vigilanza, trattandosi di attività esulante dalla prestazione richiesta.

Corte Cassazione Sez. Lav. 5 gennaio 2018, n. 146