La Corte di cassazione con un'ordinanza pubblicata il 19 agosto 2020 (17318/2020 ha ritenuto legittimo il diverso trattamento della dirigenza scolastica rispetto alle altre aree della dirigenza pubblica.
Secondo la Suprema Corte la determinazione dei criteri di quantificazione degli emolumenti spettanti ai dirigenti scolastici per la parte fissa della retribuzione di risultato è di stretta competenza della contrattazione collettiva.
I ricorrenti dirigenti scolastici avevano sostenuto che la norma contrattuale che stabilisce la retribuzione di posizione dei dirigenti scolastici, nella parte fissa, in misura pari a circa un quinto di quanto previsto allo stesso titolo per i dirigenti di seconda fascia delle altre aree statali, doveva ritenersi nulla perchè in contrasto con i principi contenuti nell'articolo 24 del decreto legislativo 165/2001. Quindi ritenendo la norma di legge imperativa avevano invocato l'etero sostituzione della norma contrattuale, vale a dire a giudizio dei ricorrenti, la norma di legge in caso di violazione avrebbe dovuto prevalere rispetto al contratto
I giudici hanno stabilito che l'articolo 24 del decreto legislativo 165/2001 non deve ritenersi una norma cogente e imperativa, in quanto la determinazione del compenso viene demandata alla contrattazione collettiva, a cui compete stabilire i criteri per il trattamento accessorio di posizione, parte variabile e di risultato.
La Cassazione ha stabilito, inoltre, che l'esercizio della discrezionalità collettiva impedisce ogni sindacato finalizzato a comparazioni tra le distinte aree e comparti sulla cui base i negoziati si svolgono e si concludono, come previsto dagli articoli 43 e 45 del decreto 165.
Si chiude così una vicenda che aveva visto impegnati molti dirigenti nella legittima rivendicazione di avere una equiparazione salariare con la dirigenza ministeriale.