Il giudizio di responsabilità promosso nei confronti del personale dipendente davanti alla Corte dei Conti, si può concludere con una sentenza di assoluzione e, in tal caso il dipendente non deve rifondere alcuna somma all'amministrazione, ovvero con una sentenza di condanna e, in tal caso il dipendente deve risarcire il danno all'amministrazione.

La sentenza emessa dalla Corte dei Conti può essere eseguita solo dopo che sia divenuta definitiva, cioè dopo che si siano svolti i due gradi di giudizio, il primo davanti alla sezione regionale e il secondo davanti alle sezioni centrali della Corte dei Conti.

L'esecuzione della sentenza di condanna nei confronti dei dipendenti è rimessa alla competenza dell'amministrazione creditrice, secondo la procedura definita dall'art.214 del D.L.vo n.174/2016, contenente la disciplina dei procedimenti di esecuzione delle decisioni di condanna e di risarcimento di danno erariale.

L'ufficio designato per l'esecuzione individua nel proprio ambito il funzionario responsabile del procedimento, a cui compete compiere gli atti di esecuzione del procedimento di recupero delle somme descritte nella sentenza di condanna.

La data di avvio del procedimento di recupero e il nominativo del funzionario responsabile devono essere comunicati al Procuratore regionale della Corte dei Conti.

L'amministrazione ha l'obbligo di avviare immediatamente l'azione di recupero del credito. In caso di mancata attuazione del recupero viene a configurarsi una ipotesi di responsabilità per danno erariale, disciplinare e dirigenziale a carico del responsabile dell'ufficio designato.

Il recupero del credito erariale può avvenire con una delle seguenti procedure:      

a) mediante recupero in via amministrativa;      

b) mediante esecuzione forzata ai sensi del codice di procedura civile;      

c) mediante iscrizione a ruolo   ai   sensi   della   normativa concernente, rispettivamente, la riscossione dei crediti dello Stato e degli enti locali e territoriali.      

Il procedimento per il recupero ha inizio con l'ingiunzione di pagamento rivolta al dipendente.

L'ingiunzione deve contenere:

  • l'invito al dipendente a procedere al versamento diretto in tesoreria, con imputazione all'apposita voce di bilancio dello Stato, della somma di cui è stato condannato;
  • in caso di mancato pagamento spontaneo, si procede al recupero mediante ritenuta, nei limiti consentiti dalla legge, su tutti gli emolumenti che il dipendente deve riscuotere dall'amministrazione, stipendio, pensione, buonuscita, TFR.

A tal fine l'amministrazione deve darne immediata notizia all'ufficio erogatore per predisporre il recupero.

Al soggetto interessato è riconosciuta la facoltà di chiedere la rateizzazione del debito.

Nel caso venga scelta la forma di recupero rateale, spetta all'amministrazione definire il numero delle rate, tenuto conto dell'ammontare del credito, delle condizioni economiche del debitore e dei limiti della somma che può essere recuperata (di solito 1/5 dello stipendio). Il piano di rateizzazione è sottoposto alla   previa   approvazione   del   pubblico   ministero territorialmente competente.     Il mancato versamento di cinque rate anche non consecutive determina la decadenza dal beneficio della rateizzazione.    

Nei limiti delle somme dovute è anche possibile richiedere l'iscrizione ipotecaria sui beni del dipendente (comprensiva delle spese di iscrizione e degli interessi legali).

Nel caso le predette modalità si rivelino insufficienti l'amministrazione ha la facoltà di ricorrere alla riscossione coattiva mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 67 del DPR 28/1/88, n.43.