Il Ministero, condannato a risarcire ex il danno verificatosi nel tempo in cui l'allievo era affidato alla vigilanza dell'insegnante (ai sensi dell’art. 2048 c.c.), può rivalersi su quest'ultimo di quanto versato solo se ne provi un comportamento doloso o gravemente colposo, in sede di giudizio di responsabilità erariale presso la Corte dei Conti.
Nella vicenda in questione il sinistro era consistito in un urto, all’uscita della scuola (elementare), da parte di un altro alunno, che aveva fatto pesantemente cadere l’infortunato, il quale aveva riportato danni con esiti permanenti (rottura incisivi frontali) e la ricostruzione tramite protesi definitiva. In sede civile il Ministero dell’istruzione veniva condannato a risarcire il danno, non avendo fornito la prova liberatoria a fronte della presunzione di colpevolezza del precettore o maestro ex art. 2048 c.c.
Quindi il Ministero aveva segnalato alla Procura regionale contabile un danno erariale indiretto prodotto dall’insegnante, per il risarcimento danni pagato dal Ministero all’alunno a seguito di incidente scolastico.
In questa pronuncia si affronta, pertanto, il tema della condotta del docente al vaglio del giudizio di responsabilità amministrativa. Come già accennato, il parametro unico per addivenire a condanna innanzi alla Corte dei Conti, è fondato sulla sussistenza della colpa grave in capo al pubblico dipendente (in questo caso insegnante di scuola).
Preliminarmente si ricorda che parte attrice (ossia il Ministero) non può limitarsi a richiamare le risultanze civili, ossia l’esito processuale del giudizio civile. Se non vengono forniti ulteriori risconti probatori circa la colpevolezza grave o il dolo dell’insegnante, la Corte dei Conti non può fondare un giudizio di condanna nei confronti dell’insegnante. Soltanto in sede civile si possono statuire condanne sulla scorta delle presunzioni di colpevolezza lieve (come nel caso dell’art. 2048 c.c.).
La Procura regionale contabile riteneva sussistente un difetto di vigilanza per essersi l’insegnante avviata verso le scale della scuola, precedendo gli alunni e quindi volgendo loro le spalle, senza poter recepire quanto avveniva, e dunque, senza poter prevenire una possibile spinta, evento possibile e prevedibile. Pertanto, il giudice contabile è chiamato a stabilire se tale condotta implichi una colpa grave di omessa vigilanza, vale a dire la mancata osservanza di quello standard minimo di diligenza richiesto a chi svolge la professione di insegnante elementare.
L’organo giudicante contabile ha ritenuto non probanti tali argomenti. Nella specie, la dinamica dei fatti (alunni in fila per le scale per l'uscita dalla scuola in presenza dell'insegnante) rende platealmente evidente che anche il miglior maestro che avesse fissato direttive persino minatorie sulle modalità di uscita, che fosse stato con lo sguardo proteso verso gli alunni e che fosse stato in cima alle scale e non a (circostanza in realtà neutra e nulla affatto probante, come erroneamente ritenuto in sede civile), non avrebbe potuto evitare, quand’anche lo avesse previsto, lo specifico sinistro di cui fu sfortunato protagonista il giovane alunno. Lo spintone dato dall’alunna al compagno era in primo luogo assai difficilmente prevedibile, stante la assoluta correttezza comportamentale dell’alunna desunta dalle schede personali di valutazione scolastica anni 1982-1989, prodotte in sede civile, comprovanti che la bambina aveva raggiunto un elevato grado di socializzazione ed un ottimo rapporto con i compagni, rispettando le regole concordate, mostrandosi corretta nei riguardi degli insegnanti e dei compagni. Ma in ogni caso, anche a volerlo (erroneamente) ritenere prevedibile, tale spintone non era certo evitabile. Costituisce, secondo l’organo giudicante, fatto socialmente notorio che uno spintone tra ragazzi, soprattutto in una classe in fase di uscita da scuola, è un evento molto difficilmente evitabile (soprattutto se verificatosi non in classe, ma in fase di uscita dalla scuola e soprattutto per una insegnante di 52 anni): difatti le pur accurate direttive date da insegnanti e dirigenti scolastici sulle modalità comportamentali in una qualsiasi scuola non vengono sempre puntualmente osservate, anche dagli alunni più tranquilli e obbedienti. Trattasi di una fisiologica riluttanza ad osservare le regole nei minori, ben nota a chiunque abbia avuto un normale percorso scolastico.
Trattandosi dunque di un’impulsiva e rapidissima spinta, non impedibile nel modo più assoluto da nessun insegnante, seppur di elevata attenzione, il giudice contabile non ha accolto la richiesta di condanna dell’insegnante. Ben diversa sarebbe stata la situazione se l’insegnante fosse stato assente o intento a conversare con colleghi, circostanze ostative, ad interventi verbali o fisici tesi ad evitare l’evento.
Corte Conti Lombardia, sez. reg. giurisd., 19/03/2015, n. 41