Con riferimento alla fruizione dei 3 giorni mensili, relativi ai permessi della legge 104 /92, si chiede se una figlia (anni 26) ne possa beneficiare per assistenza al padre, anche in presenza di altri familiari tra cui la coniuge.
Si ringrazia e si attende risposta

 RISPOSTA

Con riferimento al quesito posto si premette che il diritto a fruire dei 3 giorni di premesso di cui all’art. 33, 3° comma della Legge 104/1992 spetta a parenti ed affini solo per assistere persone con handicap caratterizzato da situazione di gravità e in assenza di ricovero della persona con handicap grave da assistere.

Per rispondere al quesito se la figlia può fruire dei permessi anche in caso di presenza in ambito familiare di parenti o affini di primo e secondo grado che possono provvedere all'assistenza, la risposta è si.

Sulla questione in senso favorevole si è pronunciato sia il Ministero del lavoro con l’interpello del 26.6.2014, n. 19, sia la giurisprudenza.

Al Ministero del Lavoro è stato domandato se l'estensione a parenti o affini al terzo grado di parentela del diritto a richiedere la fruizione di tre giorni di permesso mensile possa prescindere dalla eventuale presenza nella famiglia dell'assistito, di parenti o affini di primo e secondo grado in grado di assisterlo?

Il ministero del lavoro ha fornito la soluzione partendo dal seguente enunciato: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.

Dal quanto sopra si evince che sono legittimati a fruire dei permessi per l’assistenza a persona in situazione di gravità prioritariamente il coniuge e il parente o affine entro il secondo grado.

Solo nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere si trovino in una delle condizioni di impossibilità e cioè abbiano compiuto i 65 anni di età, siano affetti da patologie invalidanti, siano deceduti o mancanti, è concesso il diritto di assistenza anche al parente o affine entro il terzo grado.

Il ministero chiarisce quindi che a seguito dell'utilizzo nella norma della congiunzione disgiuntiva: «... qualora i geni­tori o il coniuge ...», le condizioni di impossibilità ad assistere il disabile da parte di uno dei genitori o del coniuge si devono intendere riferite ad uno solo dei soggetti indicati.

Di conseguenza il Ministero del lavoro precisa che un parente o affine di terzo grado può assistere un fami­liare affetto da disabilità grave anche quando, all’'interno del nucleo familiare, uno solo dei genitori o il coniuge della persona da assistere rientra in una delle condizioni di impossibilità previste dalla nor­ma, non rilevando la presenza nell'ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado che siano anch'essi nelle condizioni di assisterlo.

Sulla questione come dicevamo anche la Corte di Cassazione civile sez. lav. con la sentenza del 22/12/2014, n. 27232, ha chiarito che la presenza in famiglia di altra persona che sia tenuta o che possa provvedere all'assistenza del parente non escluda di per sé il diritto ai tre permessi mensili retribuiti, non potendo in tal modo frustrarsi lo scopo perseguito dalla legge ed essendo presumibile che, essendo il lavoratore impegnato con il lavoro, all'assistenza del parente provveda altra persona, mentre è senz'altro ragionevole che quest'ultima possa fruire di alcuni giorni di libertà, in coincidenza con la fruizione dei tre giorni di permessi del lavoratore (nella specie, la Corte ha riconosciuto il diritto ai tre giorni di permesso mensile ex art. 33 l. n. 104 pur in presenza di una colf).