Editoriale di Vittoria Venuti su Dirigere la Scuola, novembre 2021

A ben ragionare sulla Scuola, ragionamento che non ha solo sede nella testa ma si connette all’intelligenza del cuore, sembra se ne sia perso il senso se non del tutto almeno in buona parte. Al di là della massiccia quantità di denaro che il PNRR ha riservato alla scuola (17,59 miliardi distribuiti su investimenti per 13 miliardi e 5,4 miliardi per le riforme) e di cui ignoriamo la capacità di incidere concretamente sull’impianto del servizio d’istruzione, non possiamo negare che ci troviamo davanti ad una sorta di inarrestabile tracollo, il cui avvio può farsi risalire al tempo dell’attribuzione dell’autonomia scolastica e all’improvvida quanto deprecabile stagione della “razionalizzazione”, o dei “tagli”, per intenderci meglio. 

Quel che l’autonomia teoricamente prospettava è stato immediatamente bloccato e, per certi versi, ostacolato da una politica ignorante e confusa, che ha visto la scuola come un campo su cui provare l’incertezza di ideologie mutevoli quando non anche presuntuose o velleitarie. Migliaia di scuole sono scomparse nel giro di qualche anno e si è proceduto ad accorpamenti selvaggi, creando istituti comprensivi dislocati su più plessi anche logisticamente distanti tra loro, fidando sulla potenziale dote di ubiquità dei Capi d’istituto, compensandolo con il titolo di “dirigente scolastico” ma, al contempo, inficiandone notevolmente il profilo di leader educativo. 

Tagli che hanno comportato riduzione di personale e reso oltremodo problematica la gestione organizzativa, amministrativa e didattica della così modificata composizione del sistema scolastico. Da allora, la burocrazia ha trovato più slancio e continua ancora adesso ad affollare di incombenze le scuole, sottoponendo tutto il personale, dirigenti in testa, ad un continuo aggravio di impegni, che ha tracimato in ordine alle ore di lavoro ma, soprattutto in ordine alla tranquillità che si dovrebbe avere nell’espletamento del proprio ruolo e della propria funzione. Esemplificativo ne è il proliferare di acronimi attorno ai quali si è aggrovigliata l’azione didattica degli insegnanti e la gestione dei dirigenti scolastici. 

Quel che si appalesa è un sistema scolastico indirizzato da un tecnicismo burocratico esasperante, che ha fatto perdere di vista il senso stesso della scuola, luogo educativo e formativo nel quale si favoriscono la costruzione delle identità e delle coscienze dei futuri cittadini, in ragione del riconoscimento dell’inclusione di tutti e di ciascuno quale diritto individuale e sociale inalienabile. Un percorso, questo, che si dovrebbe avviare già alla nascita e proseguire per la vita intera, avendo la scuola quale riferimento operativo privilegiato. Ma sembra che questo sia stato posto al servizio dell’apparenza e delle formalità più che non della sostanza, distraendo l’attenzione da quelli che sono i veri attori della scuola, che richiedono considerazione, rispetto, riconoscimento. Non sono le disposizioni né i burocrati a fare la scuola, ma chi ci lavora ed è messo in condizioni di agire con serenità. In effetti, la serenità s’è persa! 

Sembra confermata l’impressione che il sistema d’istruzione abbia avuto - almeno fino ad ora - remore ad affrontare il cuore dei problemi che affliggono la scuola e abbia preferito indugiare su aspetti periferici e, comunque, avulsi da una progettualità ben definita. Indubbiamente la situazione attuale della scuola è estremamente difficile da affrontare, perché si evidenzia come un apparato con la testa confusa e con un cuore che balbetta. Si sta vivendo una disconnessione tra testa e cuore che chiede con urgenza che si liberi la via di comunicazione tra di essi. È fondamentale che la comunicazione sia più semplice, più lineare, più partecipe, più reciprocamente consapevo

le del funzionamento dell’uno e dell’altro. Invece, ormai si dialoga con gli acronimi (BES, CD, CdC, CdD, CdI, CdV, CLIL , DAD, DDI, … GLO, PTOF, …), se ne contano centinaia, e dietro a molti di essi si evidenziano documenti da leggere, moduli da compilare, progetti da inventare. Il razionalismo ha preso il sopravvento ed avviato un processo di disumanizzazione della scuola.

Mi si permetta un inciso personale:

Alla mia richiesta “Come va la scuola?”, un mio nipote che frequenta la classe quinta della Primaria, mi ha risposto: “Bene! Questa settimana ho preso due Avanzato”. 

“Bravo! - ho commentato -, sei contento?”.

Il bambino ha fatto spallucce e allargato le braccia: “Non lo so”. 

Avanzato verso dove? mi sono chiesto, e poi il mio pensiero è andato a quei bambini (e ai loro genitori) che si ritrovano il livello: “In via acquisizione”. Non meno oscuri sono i livelli “Intermedio” e “Base”. La valutazione che si dà dovrebbe poter essere letta e ben compresa soprattutto dai bambini.

Senza cuore non si impara e… non si dovrebbe insegnare.