La sentenza in commento dà piena applicazione ai principi affermati dalle sezioni Unite della Corte di Cassazione con la decisione n 9346 del 2002.
Il caso oggetto di contenzioso è quello di un ragazzo all’epoca tredicenne che, nel corso di una gita scolastica, durante una sosta per fare delle fotografie, era salito insieme a dei compagni su di una catena di ferro esistente tra due pilastri di mattoni, determinando in tal modo il distacco della catena e il crollo di uno dei pilastri.
La Cassazione, condividendo la decisione della Corte territoriale pronunciatasi con una motivazione bene argomentata e del tutto priva di vizi logici, ha ribadito la correttezza dell’applicazione alla fattispecie in esame sia dell'art.1218 c.c. che dell'art.2048 c.c., poiché il danno patito dallo studente era da ricondurre in parte a sua stessa responsabilità, ed in parte a quella dei suoi compagni che, insieme a lui, erano saliti sulla catena determinando il crollo del pilastro di appoggio, con conseguente danno e lesioni.
In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto che le modalità del fatto consentivano di avvalorare la sussistenza l’esimente del caso fortuito in relazione alla posizione di uno dei compagni - stante l'uso, evidentemente anomalo ed imprevedibile, della catena – mentre per quanto riguardava la posizione del tredicenne imponevano la condanna del Ministero ai sensi degli artt.1218 e 2048 c.c. Secondo la Corte, infatti, si doveva escludere la sussistenza della prova liberatoria in mancanza di elementi dai quali poter desumere la imprevedibilità del fatto e la sua conseguente inevitabilità, anche perché non era emerso che i docenti accompagnatori avessero adottato misure idonee ad evitare il verificarsi di eventi dannosi. D'altra parte, la "naturale vivacità dei ragazzi di tredici anni" faceva sì che l'uso improprio della catena non potesse considerarsi un evento imprevedibile per gli insegnanti.
In questo contesto, sottolinea la Suprema Corte, “sarebbe assurdo pensare che l’unico modo per evitare il danno verificatosi poteva essere quello di esercitare una sorta di coercizione fisica sui ragazzi “ ma invece “ è evidente che sarebbe stato onere dei docenti attivarsi in modo da fare sì che i ragazzi - in numero di sei o sette - scendessero dalla catena immediatamente, per evitare di creare un contesto potenzialmente pericoloso; d'altra parte, la sollecitazione di una catena fino al punto di far crollare il pilastro al quale essa era attaccata "deve" essersi protratta per un minimo di tempo, nel quale una qualche iniziativa poteva essere assunta. Ma non risulta che ciò sia accaduto, e su questo punto l'onere della prova spettava chiaramente all'amministrazione " che non ha assolto a tale onere, né ai sensi dell'art. 1218, né ai sensi dell'art. 2048 c.c..”
In conclusione, la Corte ha rigettato il ricorso promosso dall’Amministrazione scolastica condannandola al pagamento delle spese di giudizio.