Il consiglio di classe nel decidere la non ammissione alla classe successiva aveva fatto mero riferimento alle insufficienze in alcune materie, senza alcuna approfondita istruttoria circa le cause della non ammissione.

Il Consiglio di Stato con l'annotata decisione ha stabilito che in base alla disciplina di cui all'art. 6 del decreto legislativo n. 62 del 2017 la non ammissione alla classe successiva nella scuola media inferiore deve essere considerata un'eccezione. La citata norma, ha rilevato il Consiglio di stato, stabilisce al primo comma che gli alunni della scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva e all'esame conclusivo del primo ciclo, eccettuati alcuni casi specifici di grave sanzione disciplinare o di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline; in quest'ultimo caso è previsto dal comma 2 che il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all'esame conclusivo del primo ciclo.

Stante il dettato normativo, ha rilevato il Consiglio di Stato, quando si registra un'insufficiente acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline la non ammissione alla classe successiva non è automatica ma può essere deliberata dal consiglio di classe con adeguata e sufficiente motivazione. Inoltre, anche per le valutazioni finali oltre che per quelle periodiche il terzo comma dell'art. 6 prevede che siano attivate specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento.

Di conseguenza deve ritenersi illegittimo il provvedimento di non ammissione alla classe successiva se la motivazione è carente e limitata al mero richiamo alle insufficienze riportate in diverse materie. Il Consiglio di classe non può esimersi dal compiere una approfondita istruttoria di carattere globale e dall' indicare specificatamente le ragioni per le quali, nonostante le insufficienze in alcune materie, ritenga di adottare la decisione «straordinaria» di non ammissione alla classe successiva.

Consiglio di Stato, Sez. VI sentenza del 18 giugno 2020 n. 3906.