In ragione della reiterazione abusiva di contratti a termine, una dipendente appartenente al personale Ata ha ottenuto il risarcimento del danno comunitario, non avendo dimostrato, il ministero dell'istruzione, l'avvenuta stabilizzazione in corso di causa. Infatti, secondo i principi del giudice di legittimità, nell'ipotesi di reiterazione abusiva di contratti a termine, la stabilizzazione e l'immissione in ruolo in ruolo, avvenuta secondo il sistema del cosiddetto «doppio canale» (Legge n.107/2015), costituiscono misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l'abuso ed a "cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione e rendono non invocabile da parte del soggetto che ha subito l'abuso il danno comunitarioe rendono non invocabile da parte del soggetto che ha subito l'abuso il principio affermato da Cassazione S.U. n. 5072/2016 in tema di "danno comunitario", con la conseguenza che torna ad espandersi la regola, immanente nel nostro ordinamento, in forza della quale il danno deve essere allegato e provato dal soggetto che assume di averlo subito;

La stabilizzazione, quindi, opera come fatto modificativo del diritto al risarcimento del danno da illegittima reiterazione del contratto a termine ed impedisce, al soggetto che agisce, di rivendicare il "danno comunitario" nei termini indicati dal richiamato arresto delle Sezioni Unite, resosi necessario al fine di assicurare la doverosa conformazione del diritto nazionale ai principi dell'ordinamento Eurounitario;

Ne discende che l'onere di allegare e provare l'intervenuta stabilizzazione, ossia l'operare di una misura che soddisfi i requisiti richiesti dalla clausola 5 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, grava sul datore di lavoro che abbia commesso l'abuso perché si è in presenza di un'eccezione in senso lato, non di una mera difesa (Cassazione n. 21355/2022)

Cassazione civile, sez. Lav., 4 agosto 2022, n. 24286