Quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., incombe su quest'ultimo l'onere di provare l'esatto adempimento del proprio obbligo: o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari oppure, in base all'art. 1218 c.c., a causa di un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Riguardo alla denunciata inversione dell'onere probatorio con riferimento al demansionamento del lavoratore, la Suprema Corte, ribadendo il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, ha affermato che quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., incombe su quest'ultimo l'onere di provare l'esatto adempimento del proprio obbligo: 0 attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali 0 disciplinari oppure, in base all'art. 1218 c.c., a causa di un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (cfr., tra le altre Cass. 18 gennaio 2018, n. 1169; nonché Cass. 3 marzo 2016, n. 4211 e Cass. 6 marzo 2006, n. 4766).
La Suprema Corte ha dunque ritenuto che la Corte territoriale si fosse correttamente attenuta all'illustrato principio di diritto, avendo accertato, anche mediante il richiamo alle deposizioni dei testi, la mancata dimostrazione da parte del datore di lavoro dell'assegnazione di compiti coerenti con il bagaglio tecnico di cui era dotato il lavoratore, destinato a generiche incombenze ritenute prive di attinenza con le precedenti mansioni svolte nel campo della manutenzione elettrica.
Con riferimento al danno ed alla sua quantificazione, i giudici di legittimità hanno inoltre osservato che, in tema di demansionamento, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione, se adeguata- mente motivato, può desumere l'esistenza del danno, determinandone anche l'entità in via equitativa, con processo logico - giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto (cfr. ex plurimis, Cass. 10 gennaio 2018, n. 330; Cass. 18 agosto 2016, n. 17163; Cass. 1 marzo 2016, n. 4031; Cass. 4 febbraio 2015, n. 2016; Cass. 26 gennaio 2015, n. 1327; Cass. 19 marzo 2013, n. 6797; Cass. 23 marzo 2012, n. 4712).
La Suprema Corte ha dunque rilevato che i principi suesposti avevano trovato corretta applicazione nell'esame compiuto dal giudice del merito, che ha evidenziato la sostanziale diversità dei nuovi compiti affidati al lavoratore ritenuti inidonei a consentire il mantenimento del bagaglio di competenze tecniche acquisito.
La Suprema Corte ha altresì evidenziato che nella sentenza di appello si era fatto riferimento alla patologia sofferta dal lavoratore in periodo prossimo al mutamento delle condizioni lavorative dello stesso, ed al contenuto della consulenza tecnica di ufficio che ne aveva accertato la riconducibilità causale allo svolgimento dell'attività lavorativa.
Corte di Cassazione Sez. Lav. 3 luglio 2018, n. 17365