In tema di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori subordinati, la contestazione dell'addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l'immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il carattere della specificità, senza l'osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati. Ne consegue la piena ammissibilità della contestazione "per relationem", mediante il richiamo di atti non allegati alla contestazione disciplinare purché lo stesso riguardi atti dei quali ha conoscenza il dipendente incolpato, il quale deve essere posto in condizione di approntare un'efficace difesa, già al momento in cui riceve l'incolpazione.
La Suprema Corte ha chiarito da un lato che la contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l'immediata difesa e, quindi, che la stessa deve essere specifica, nel senso che deve contenere le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, la condotta addebitata; dall'altro lato ha precisato che «l'accertamento relativo al requisito della specificità, riservato al giudice di merito, va condotto considerando che in sede disciplinare la contestazione non obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell'accusa nel processo penale né si ispira ad uno schema precostituito, ma si modella in relazione ai principi di correttezza che informano il rapporto esistente fra le parti, sicché ciò che rileva è l'idoneità dell'atto a soddisfare l'interesse dell'incolpato ad esercitare pienamente il diritto di difesa».
Al principio, di carattere generale, è stata desunta l'ammissibilità della contestazione per relationem, in ordine alla quale si è osservato che risultano rispettati i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio qualora gli atti richiamati siano già a conoscenza dell'interessato, che, quindi, viene posto immediatamente nella condizione di svolgere un'adeguata difesa.
La Suprema Corte ha rilevato quindi che a detta ipotesi non è assimilabile la fattispecie che si verifica allorquando la contestazione non contenga gli elementi necessari per individuare i fatti materiali addebitati e l'integrazione, necessaria per soddisfare il requisito della specificità, debba essere operata con atti in possesso del solo datore di lavoro, non portati previamente a conoscenza del dipendente interessato.
Il giudizio sulla sussistenza o meno del requisito della specificità va espresso in relazione a quanto il lavoratore possa apprendere dalla lettura della contestazione e, quindi, il rinvio a fonti esterne è consentito solo a condizione che le stesse siano già note all'incolpato, di modo che questi nel momento in cui riceve l'atto, sia in grado di comprendere i fatti in relazione ai quali l'iniziativa disciplinare è stata intrapresa.
Corte di Cassazione . Sez. Lav. 1° ottobre 2018, n. 23771