Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 55-quater, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inserito dall'art. 69, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) relative alla parte in cui stabilisce che, in caso di falsa attestazione della presenza in servizio del pubblico dipendente, mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente, la sanzione disciplinare del licenziamento si applichi «comunque», atteso che è possibile e doverosa un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 55-quater, che, ferma la spettanza alle amministrazioni datoriali del potere di recesso nelle fattispecie disciplinari tipizzate dal legislatore, e fermo che questo potere spetta all'amministrazione «comunque», anche laddove non sia previsto o sia limitato dalla contrattazione collettiva, lascia tuttavia al giudice dell'impugnazione il potere di sindacare la concreta proporzionalità del licenziamento, verificandone la qualità di 'giusta sanzione' alla luce dell'art. 2106 del codice civile.
Corte Costituzionale, sentenza del 23 giugno 2020, n. 123