È pienamente legittimo effettuare negli edifici scolastici pubblici “benedizioni pasquali” o altri atti di culto, qualunque sia la confessione religiosa alla quale gli stessi vadano ricondotti: ciò purché il rito religioso si svolga al di fuori del normale orario delle lezioni, la partecipazione al rito stesso da parte dei docenti e degli alunni sia pienamente libera e venga in ogni caso prevista la presenza di uno o più adulti con funzione di sorveglianza degli studenti minorenni. Il rispetto di siffatte connotazioni assicura, infatti, la piena conformità rispetto della libertà religiosa e di pensiero di quanti non si identifichino nel credo di cui l'atto di culto è espressione. La “benedizione” di un locale, essendo diretta a rammentare a quanti in quel luogo vivono o lavorano la presenza di Dio, rientra nelle modalità di espressione del sentimento religioso: pertanto, può svolgersi liberamente, nel rispetto delle connotazioni testé menzionate, senza che da ciò possa derivare alcun nocumento all'attività didattica od alla vita scolastica in genere; né potrebbe imporsi che la stessa avvenga alla presenza del solo ministro di culto benedicente, vietando, icoè, ai docenti ed agli studenti che lo volessero di parteciparvi poiché in tal modo si trasformerebbe un atto di culto in un atto di superstizione. La “benedizione pasquale”, così come qualunque altro rito religioso, va ricondotta, infatti, alle attività cd. parascolastiche, previste dal vigente ordinamento quale forma di integrazione dell'attività didattica, e, di conseguenza, va sottoposta al relativo regime giuridico senza che dalla connotazione religiosa possa derivare alcuna discriminazione in peius vietata dal disposto costituzionale.
Consiglio di Stato sez. VI - 27/03/2017, n. 1388