La ditta ricorrente ha impugnato il bando per la gestione del servizio di punto ristoro e concessione dell’uso temporaneo degli spazi ad esso destinati posti all’interno della sede di un Istituto scolastico Superiore. La ditta ha richiesto l’annullamento del bando per violazione di legge contestando l’espletabilità della gara per la sussistenza di un rapporto concessorio già in atto con vincolo di esclusiva tra la ditta ricorrente e la stessa istituzione scolastica. La ditta ricorrente ha altresì lamentato il vizio dell’eccesso di potere per il fatto che la gara presenti caratteri tali da far pensare di essere frutto di un personale accanimento e di una personale iniziativa del dirigente scolastico, qualificata come vessatoria ed arbitraria.

Alla ditta ricorrente era stato in precedenza concesso l'utilizzo del locale scolastico al solo scopo di esercitarvi l'attività di commercio e destinato a contenere sostanze alimentari riguardanti il bar a servizio della scuola. Era prevista la durata di sei anni con l’ulteriore previsione del rinnovo tacito alla scadenza del contratto, di sei anni in sei anni, salvo disdetta da formalizzare a mezzo raccomandata A/R entro dodici mesi prima della scadenza; inoltre l’amministrazione scolastica si impegnava a non locare altri spazi, nell’ambito del perimetro scolastico per l’esercizio di attività analoghe. In tal senso si poneva in essere l’illegittimità dell’indizione di gara in quanto il contratto si sarebbe rinnovato non essendo pervenuta alcuna formale disdetta.

Il T.A.R. con la sentenza in commento ha respinto il ricorso con le seguenti motivazioni.

Sono valide le clausole che prevedano un rinnovo tacito e indefinito del contratto?

A prescindere dall'effettività di una clausola di "esclusività", una clausola contrattuale che preveda un rinnovo tacito del contratto per ulteriori periodi, di numero potenzialmente indefinito, è da considerare nulla per violazione di norme imperative. Tale divieto, posto dall'art. 6, comma 2, della legge 24/12/1993, n. 537 e poi dalla legge n. 62 del 2005, è ritenuto espressione "di un precetto di portata generale in base al quale il rinnovo dei contratti pubblici scaduti deve essere considerato alla stregua di un contratto originario, necessitante della sottoposizione ai canoni dell'evidenza pubblica, atteso che "la procrastinazione meccanica del termine originario di durata di un contratto ha l'effetto di sottrarre in maniera intollerabilmente lunga un bene economicamente contendibile alle dinamiche fisiologiche del mercato" (T.A.R. Campania, sez. II, 2 ottobre 2019, n. 1297).

Si palesa dunque affetta da nullità la disposizione del contratto, stipulato nella sua vigenza, che prevede il tacito rinnovo, non potendo l'accordo negoziale andare di contrario avviso rispetto ad una precisa ed imperativa disposizione di legge. Né, a fronte di tale divieto imperativo, il fatto di aver continuato a percepire, dopo la scadenza del contratto, i canoni di fitto determina un legittimo affidamento circa l'avvenuto rinnovo tacito del contratto.

Come ricordato dalla giurisprudenza amministrativa, il divieto di rinnovo tacito nei contratti pubblici si salda con il principio comunitario secondo cui il “rinnovo” o la “proroga” sono considerati alla stregua di contratti ex novo, necessitanti dell’espletamento di procedure di evidenza pubbliche in assenza delle ipotesi eccezionali che autorizzano il ricorso alla procedura negoziata. Il “rinnovo tacito” non è che una forma di trattativa privata che esula dalle ipotesi ammesse dal diritto comunitario (T.A.R. Sicilia, sez. IV, 16/04/2018, n.758).

In quali casi ricorre il vizio di sviamento di potere?

Ricorre il vizio di sviamento di potere quando il pubblico potere viene esercitato per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso, ovvero quando l'atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico. Tuttavia, in sede processuale si richiede che la censura sia supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare conto delle divergenze dell'atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo sufficienti mere supposizioni od indizi, che non si traducano nella dimostrazione dell'illegittima finalità perseguita in concreto dall'Amministrazione (T.A.R. Lombardia, sez. II, 15.4.2020, n. 632).

Non tutte le circostanze “solite del caso” paiono indizi idonei a configurare lo sviamento di potere. Ad esempio, non può a priori ritenersi fondata la “deviazione della finalità” dalla divergenza di vedute tra Dirigente Scolastico e Consiglio di Istituto (soprattutto se riguardante la validità del rapporto contrattuale in essere), quanto non è un elemento di prova l’indizione della gara in prossimità del collocamento in quiescenza del dirigente scolastico (di per sé costituente un dato assolutamente neutro), quanto ancora l'aver consentito la messa in esercizio di macchine automatiche erogatrici di bevande e prodotti alimentari nelle more del rapporto contrattuale o le questioni in ordine alla validità di quest'ultimo (fatti del tutto ultronei rispetto alla controversa gara).

(T.A.R. Calabria sez. I - Catanzaro, 12/09/2020, n. 1447)