È prassi diffusa che successivamente alla statuizione di un diritto da parte dell’organo giudiziario, l’amministrazione scolastica non adempia prontamente (o volontariamente) al pagamento vantato dal ricorrente. Nel caso concreto, la famiglia di un alunno ottiene dal T.A.R. la condanna dell’amministrazione a garantire all’alunno il supporto scolastico per l’intero orario di frequenza, nonché al pagamento delle spese legali (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 24 gennaio 2014, n.618). Successivamente parte ricorrente (la famiglia dell’alunno), dopo aver notificato la sentenza (munita di titolo esecutivo) al CSA di Napoli, lamenta che non si sarebbe provveduto al pagamento delle spese legali. Pertanto, decide di ricorrere nuovamente presso il medesimo organo giudiziario per l’esatta esecuzione del giudicato relativamente alla condanna delle spese legali.

Il soggetto destinatario della notifica

Il nodo della questione attiene a quale soggetto dell’amministrazione scolastica vada notificato il titolo esecutivo ai fini della decorrenza del termine per provvedere all’adempimento spontaneo. Questi non può che essere il Miur in quanto unico titolare delle funzioni amministrative e della gestione del servizio di istruzione.  L’esclusiva titolarità determina che il Miur deve essere considerato a tutti gli effetti la “sede reale” dell’amministrazione scolastica. Infatti, sebbene gli Istituti scolastici siano muniti di personalità giuridica e di “autonomia didattica e organizzativa”, questi sono del tutto compenetrati nell’organizzazione dello Stato, cui rimane l’attribuzione sulla funzione amministrativa dell’istruzione, così come la gestione del relativo servizio. Anche i CSA sono da considerarsi mere articolazioni territoriali di unità operative facenti parte della Direzione Generale Regionale – Ufficio Scolastico Regionale, quindi i CSA non possono essere considerati come gli Istituti scolastici, soggetti titolari di autonomia amministrativa. Anche gli uffici scolastici regionali sono a loro volta articolazioni del Miur a livello periferico (artt. 2 d.P.R. n. 319/2003 e art. 75 comma 3 del d.lgs. n. 300/1999) e quindi non possono ritenersi destinatari dei provvedimenti esecutivi comminati nei confronti del Ministero.

Il termine entro il quale adempiere spontaneamente

Da un punto di vista temporale l’amministrazione scolastica, seppur innanzi ad un provvedimento munito di esecutività, deve aver tempo di provvedervi spontaneamente e soltanto la decorrenza di tale termine può legittimare un ricorso per ottemperanza. Il termine per l’amministrazione scolastica di provvedere spontaneamente decorre dalla notifica del titolo esecutivo presso la sede reale dell’amministrazione. A tal proposito il T.A.R. di Napoli ha statuito che deve ritenersi inammissibile il ricorso per l’ottemperanza notificato prima del termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo presso la sede reale dell’amministrazione. Secondo il menzionato tribunale amministrativo al giudizio per l’esecuzione del giudicato (come quello in esame) si deve applicare l’art. 14 comma 1 del decreto legge n. 669/1996. Infatti, tale norma si deve applicare anche quando si tratti della domanda di esecuzione di titoli esecutivi con ricorso di ottemperanza. 

Gli interessi riconosciuti sulle somme da pagare

Uscendo dall’ambito della pronuncia in questione è utile ricordare alcuni aspetti direttamente collegati. In primo luogo quali interessi debbano essere riconosciuti sulle somme da pagare in caso di omessa pronuncia del giudice di cognizione. La Cassazione civile (Sez. III, 27 settembre 2017, n. 22457) ha ricordato che per l'ottemperanza ad un titolo esecutivo  si devono ritenere liquidati soltanto gli interessi di cui all'art. 1284 c.c., in ragione della portata generale di questa disposizione, rispetto alla quale le altre categorie di interessi contemplate dalla legge hanno natura speciale. 

La richiesta di chiarimenti al giudice prima di eseguire la sentenza

Secondo il Consiglio di Stato (Sez. V, 13 agosto 2020, n. 5020) la parte privata vittoriosa in sede di cognizione, ai sensi dell’art. 112 comma 5 c.p.a., non è legittimata a chiedere chiarimenti al giudice amministrativo in ordine alle modalità di ottemperanza al giudicato da parte dell'Amministrazione soccombente; è invece quest'ultima, oltre che il commissario ad acta, la parte titolata a chiedere chiarimenti al giudice sui punti che presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza.

L’immissione del commissario ad acta per l’ottemperanza all’ordinanza cautelare

Il commissario ad acta è il funzionario pubblico nominato dal giudice amministrativo come proprio ausiliario nell'ambito del giudizio di ottemperanza al fine di emanare i provvedimenti che avrebbero dovuto essere emessi dall'Amministrazione (art. 21 c.p.a.). Come ricordato dal Tribunale di Latina (pronuncia del 8 luglio 2014) qualora il Miur non adempia all’ordinanza cautelare (nel caso di specie, volta all’inserimento della ricorrente nei ruoli del personale docente per la scuola dell’Infanzia), il giudice procede alla nomina di un commissario ad “acta” al fine di provvedere all’esecuzione della suddetta ordinanza cautelare.

 Tar Napoli, sez. VIII, 05 agosto 2020, n. 3510