II licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, c.c.
La sentenza in esame riguarda il licenziamento intimato ad una dipendente che era stata assente per brevi e ripetuti periodi di malattia (157 giorni in totale) senza, tuttavia, mai superare il periodo di comporto stabilito dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. Tali ripetute assenze avevano inciso in maniera negativa sull'organizzazione aziendale e sui livelli di produzione dell'unità organizzativa cui la dipendente era assegnata.
La Suprema Corte ha affermato che la non utilità della prestazione per il tempo della malattia è un evento previsto e disciplinato dal legislatore; pertanto, ai sensi dell’art. 2110 c.c., il superamento del periodo di comporto è condizione necessaria e sufficiente a legittimare il recesso. La contraria opinione, secondo cui sarebbe legittimo il licenziamento intimato per scarso rendimento dovuto essenzialmente all'elevato numero di assenze ma non tali da esaurire il periodo di comporto, si pone invece in contrasto con la consolidata e costante giurisprudenza di legittimità, che ha sempre statuito che, anche in ipotesi di reiterate assenze del dipendente per malattia, il datore di lavoro non può licenziarlo per giustificato motivo, ma può esercitare il recesso solo dopo che si sia esaurito il periodo all'uopo fissato dalla contrattazione collettiva, ovvero, in difetto, determinato secondo equità (tra le altre, cfr. Cass. n. 16582/2015).
Tale orientamento, del resto, ha ricevuto un autorevole avallo anche dalla recente sentenza delle Sezioni Unite, che ha espressamente statuito che il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia 0 infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva 0, in difetto, secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110 c.c. (cfr. Cass. Sez. Un. n. 12568/2018)
In conclusione, secondo la Corte di Cassazione, l'argomentazione sostenuta dal giudice di merito si pone in contrasto con i suddetti principi e, per tale motivo, la sentenza impugnata merita di essere cassata con rinvio.
Corte di Cassazione. Sez. Lav. 7 dicembre 2018, n. 31763